Con la sentenza 429 del 27.4.2023 il Tribunale di Torino ha statuito una sostanziale equiparazione, ai fini del diritto a percepire la NASPI, tra risoluzione consensuale e dimissioni per giusta causa nell’ipotesi di trasferimento del lavoratore in una sede di lavoro distante più di 50 km od oltre 80 minuti di viaggio con i mezzi pubblici dalla propria residenza (non dal precedente luogo di lavoro, si badi bene).

Secondo la sentenza, infatti, i dipendenti trasferiti in una sede “distante” dalla loro residenza, e che presentano le dimissioni per giusta causa che danno diritto a Naspi, non sono obbligati a provare che il trasferimento era senza privo di ragioni giustificate. Viene, in sostanza, disapplicato il messaggio INPS 369/2018 che, invece, richiedeva che tale prova fosse fornita dal lavoratore dimissionario.

Posto che l’articolo 3 del Dlgs 22/2015 prevede che, oltre a un requisito contributivo di 13 settimane, il lavoratore che richiede la Naspi risulti in stato di disoccupazione e che abbia perduto involontariamente la propria occupazione, si realizzava in base al citato messaggio 369/2018, una sostanziale disparità di trattamento tra il lavoratore che avesse risolto consensualmente il rapporto di lavoro sulla base del trasferimento in un luogo di lavoro distante più di 50 km dalla residenza (o con un tempo di percorrenza coi mezzi pubblici di più di 80 minuti), al quale la Naspi era riconosciuta senza ulteriori oneri probatori, e il lavoratore dimessosi per giusta causa, al quale si richiede una documentazione che faccia emergere la volontà di difendersi in giudizio dal datore di lavoro (allegando diffide, denunce, citazioni, ricorsi) e impegnandosi a comunicare l’esito della controversia.

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